Una dichiarazione d’amore alle donne, alla loro capacità di unirsi, di fare squadra, soprattutto quando le cose si fanno difficili. Una dichiarazione d’amore al mestiere del costumista, un artigiano che compone e dipinge emozioni, dando la vera anima al personaggio. Una dichiarazione d’amore al cinema, alla sua capacità, attraverso le storie, i film, di restarci impresso nel cuore, per sempre.

Tutto questo è Diamanti, il film di Ferzan Ozpetek – già dal 19 dicembre nelle sale con Vision Distribution – che ci racconta una storia che viaggia tra il presente e gli anni 70, due piani temporali che si alternano per mostrarci come il cinema nasce, con una lettura collettiva del copione, e come il cinema si realizza, nelle sartorie prima ancora che sul set. Protagonista è un gruppo di Donne con la D maiuscola, meravigliose anime nonché attrici (e, parlando dei loro personaggi, sarte) straordinarie. Le vediamo tessere abiti e legami, vestite di dolori e traumi che però cercano sempre di fronteggiare con quel sorriso e quella speranza che nasce dalla forza della loro unione. Perché, come si sentirà nella pellicola: “Ovunque sia lo sguardo, la donna punta sempre verso il cielo, verso l’alto, verso quello che non si può vedere… però lo sentiamo. Noi siamo collegate con le stelle, per questo sentiamo tutto”.

Questo Diamanti è come una creazione sartoriale, fatto su misura su di lui, è perfetto. Perché una volta terminato, ti resta impresso. È questa la forza del cinema, soprattutto quando si mostra nel suo farsi, nel suo diventare sogno tangibile. Se l’inizio della pellicola, quasi documentaristico, ci mostra il cast al tavolo a studiare il copione, il “film-nel-film” che vediamo dopo ci fa conoscere quel meraviglioso mondo dei costumi che meritava di essere raccontato.

Perché tutti noi, in fondo, siamo diamanti. Luminosi, profondi, come gli occhi di Jasmine Trinca: c’è tutto un mondo, in ciascuno di noi.

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